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L'ampio eccesso di velocità della moto non assolve l'automobilista

Secondo il principio sancito dalla Cassazione, con sentenza 25927 del 5 giugno 2015, depositata il 19 (sezione quarta penale): è prevedibile che un motociclista su una moto di grossa cilindrata proceda a elevata velocità in una strada provinciale. Anche se questa ha limiti bassi, come se si fosse in città. Quindi, l'automobilista (ma l'utente della strada in generale) deve sempre e comunque procedere con la massima prudenza, ben attento a qualsiasi tipo di insidia, che può pure essere costituita da un'infrazione altrui. Quindi, scatta l'omicidio colposo, dovuto a imprudenza, imperizia, negligenza.

I FATTI - A un automobilista era stato contestato di avere causato la morte di un motociclista. Secondo la contestazione, infatti, l'imputato, alla guida della sua auto, percorreva una strada provinciale, quando si fermava a ridosso della linea di mezzeria, con indicatore acceso, allo scopo di immettersi in un'area di servizio per fare rifornimento di carburante. Nel far questo, non si avvedeva del sopraggiungere in direzione di marcia opposta della moto condotta a velocità eccessiva e in violazione dei limiti di velocità imposti in quel luogo: cosicché l'automobilista iniziava la manovra di svolta a sinistra, così provocando la collisione e la morte del motociclista. Il guidatore non ci stava e, dopo aver perso in primo e secondo grado (seppure in appelo ci sia stata una riduzione della pena), ricorreva per Cassazione, dichiarandosi innocente.
 
LA DIFESA - L'imputato si sarebbe trovavo nella concreta e assoluta impossibilità di prevedere il sopraggiungere della moto, quando aveva deciso di impegnare la corsia opposta per accedere all'area di servizio. Solo la elevata velocità del motociclo avrebbe determinato l'incidente, dal momento che l'automobilista non poteva vedere la moto. E nel momento in cui l'automobilista aveva calcolato di poter effettuare la svolta senza conseguenze, era coperto da un'altra macchina che procedeva a velocità moderata. Osservava la difesa che la impossibilità dì prevedere il sopraggiungere della persona offesa che era stata evidenziata dalla perizia cinematica di parte induceva a ritenere che non vi era stata nessuna condotta negligente da parte dell'imputato.
 
IL NO DELLA CASSAZIONE - Gli ermellini sono chiari: l'avvistamento reciproco dell'automobilista fermo in procinto di svoltare a sinistra da parte della vittima e del motociclista da parte dell'imputato "era esigibile solo ponendo l'ordinaria attenzione e la minima diligenza". Insomma, bastava un minimo d'attenzione, almeno secondo la Cassazione. Non poteva quindi ritenersi imprevedibile, come invece sostenuto dalla difesa nel ricorso, che un motociclista su di una moto di grossa cilindrata procedesse a elevata velocità in una strada provinciale a tratti gravata da limiti urbani, ma "trattata" come fosse a scorrimento veloce. Alla fine, il ricorso viene rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Fonte: SicurAuto.it

 

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